Per chi non ha assistito direttamente al concerto organizzato da Eugenio Lombardi qui sotto il link a Radio Stella Palese su facebook per godere di musiche eseguite meravigliosamente .
sabato 31 dicembre 2016
sabato 10 dicembre 2016
domenica 16 ottobre 2016
domenica 21 agosto 2016
domenica 14 agosto 2016
sabato 6 agosto 2016
Offesa e oltraggio grave alla Chiesa e ai credenti”
Magdì Allam "bacchetta" don Franco Lanzolla per la lettura del Corano nella Cattedrale di Bari (Magdi Cristiano Allam, nato Magdi Allam, è un giornalista, politico e scrittore egiziano naturalizzato italiano)
"Un errore madornale far recitare il Corano in arabo nella sua Chiesa senza informarsi preventivamente del contenuto, superficiale". Ma bacchetta allo stesso tempo tutti i sacerdoti che in Italia hanno permesso la medesima cosa: “Oltraggiate le Chiese, che confusione". Cosa è accaduto da aver spinto Allam all’offensiva? Nel corso della trasmissione di Rete 4 , Dalla Vostra parte, Allam, che il Corano lo conosce, ha rinfacciato all' imam di Bari Lorenzini di aver letto, in arabo, nella Cattedrale barese la sura detta dell'Aprente. Tale sura, rivolta ad Allah dice: " Guidaci sulla retta via di coloro che hai colmato di grazia, non di coloro che sono incorsi nella tua ira, nè di coloro che vagano nell' errore". Allam ha specificato che secondo la dottrina islamica e la tradizione, questa sura indica nei musulmani quelli che sono nella grazia, gli ebrei quelli incorsi nella ira di Dio e i cristiani coloro che vagano nell'errore. Insomma, non una carineria se pronunciata in un tempio cristiano. L' imam Lorenzini non ha smentito la versione di Allam, rimanendo impacciato.
Allam, cosa significa aver letto quella sura?
"Lo reputo un’offesa ed un oltraggio grave alla Chiesa, ai fedeli baresi e ai credenti. Permettere all' imam di recitare il Corano e per giunta in arabo, è fuori luogo, specialmente dall'ambone come avvenuto in altre parti, alla proclamazione del Vangelo i musulmani con atto sprezzante si sono girati di spalle. L' aver pregato in arabo è la dimostrazione che l'islam è prepotente e incompatibile con i nostri valori e che vuole imbrogliarci con la sua normale dissimulazione"
Ma il parroco di Bari lo ha permesso...
"Ha sbagliato, dimostrandosi superficiale nell' ottica di quel buonismo diffuso e dannoso che sta contagiando tutta la Chiesa cattolica. Ha fatto lo stesso errore di tanti altri parroci in tutta Italia, in ottima compagnia. Avrebbe dovuto informarsi preventivamente del contenuto della lettura"
Che cosa è accaduto a Bari e in tutta Italia?
"Che non sono state celebrate messe, ma delle accozzaglie sincretiche, un misto di vari culti che alla fine disorientano i cristiani facendo malamente intendere che tutte le religioni sono uguali e così non è. Tali condotte rafforzano i musulmani e non ce ne rendiamo conto"
Da cosa dipende tutto questo?
"Dalla linea voluta dal Papa che non perde occasione, in modo incredibile, per scagionare gli atti di terrore dicendo che l'islam non è violento, parole a dir poco insensate. Come sciagurate sono state le sue dichiarazioni in aereo di ritorno da Cracovia. Protegge l'islam, ma se la prende con i cattolici"
Il parroco di Bari?
"Lo ripeto: avrebbe dovuto informarsi, ha tollerato che la sua Cattedrale, quella dei baresi, venisse oltraggiata, un atto di superficialità e trovo grave, come ha detto Lorenzini, che le letture siano state concordate".
Sul punto abbiamo contattato don Franco Lanzolla il quale smentisce la versione dell'imam: " Non è vero. Abbiamo solo concordato le modalità della liturgia e i tempi, non le letture, tanto meno abbiamo scelto assieme i testi".
Basterebbe aver applicato in tutte le Chiesa il Redemptionis Sacramentum, il documento della Congregazione per il Culto Divino che dice: "Non è permesso nella celebrazione della messa introdurre elementi contrastanti con le prescrizioni dei libri liturgici, desumendoli dai riti di altre religioni".
Capitolo chiuso, ma in questa spensierata Chiesa non si segue nemmeno il dettato dei documenti.
Bruno Volpe -Quotidiano di bari
(04 Ago 2016
mercoledì 6 luglio 2016
domenica 3 luglio 2016
sabato 18 giugno 2016
Il Papa vicino ai preti in difficoltà
Due diverse comunità di sacerdoti. Due diverse forme di vicinanza. Ma lo stesso filo rosso che lega anche questo ulteriore «venerdì della misericordia» ai cinque che lo hanno preceduto.
Ieri il Papa ha voluto dedicare ai sacerdoti il gesto giubilare che compie ogni mese. Prima si è recato nella comunità 'Monte Tabor', dove si trovano otto presbiteri provenienti da diocesi differenti, sofferenti per diverse forme di disagio (legate soprattutto a crisi vocazionali). Poi ha visitato la comunità dei sacerdoti anziani della diocesi di Roma, che si chiama ufficialmente 'Casa San Gaetano', ma è più nota come 'I cento preti continua a leggere 'http://www.avvenire.it/Chiesa/Pagine/Il-Pontefice-vicino-ai-preti-in-difficolt-Due-visite-per-i-venerd-di-miser.aspx
domenica 15 maggio 2016
Lettere al Direttore dell'Avvenire sul DDL unioni civili
Caro direttore,
«Ho giurato sulla Carta, non sul Vangelo». Con tutto rispetto, la Carta è perfettibile perché scritta da uomini, il Vangelo ti perfeziona perché Parola di Dio. Se questo Renzi non lo capisce... Preferisco guardare all’esempio di re Baldovino del Belgio: si autosospese pur di non firmare la legge sull’aborto. Che tristezza, come dice papa Francesco, i «cristiani fai-da-te». Buon lavoro. Don Andrea Vena Bibione (Ve)
Caro direttore,
la misura à colma! Addirittura la fiducia anche alla Camera sulle unioni civili. Un provvedimento, questo, che interpella non la testimonianza politica, ma la coscienza personale. Ho finora aderito alle idee moderate e moralmente buone del partito – pure di governo – Area Popolare. Laddove Ap non prenda doverosamente le distanze dalle posizioni maggioritarie nel Partito Democratico, è mio intendimento prendere a mia volta decisa distanza dal “mio” partito, almeno fino a quando non dimostrerà autonomi comportamenti rispetto all’alleato.
Giuliano Vaccari, Rovereto (Tn)
Caro direttore,
il voto sulla legge per le unioni civili ci ha lasciati perplessi per molti motivi. Per ora mi soffermo solo sulla modalità e cioè sul voto “disgiunto”: fiducia e scrutinio palese. In realtà palesi entrambi, ma con diverso peso e finalità. Già le interviste raccolte da “Avvenire” a parlamentari cattolici di partiti della maggioranza ne hanno spiegato la portata. Non votare la fiducia sarebbe equivalso a togliere il consenso al governo con quello che ne segue in termini di stabilità e di continuità nel processo delle riforme. Il secondo voto, invece, è sostegno a una legge che è difficile da accettare nella formulazione finale. Le leggi sono meglio rispettate quando non sono ambigue. Ormai la frittata è fatta. Vorrei solo umilmente ricordare che il referendum sull’aborto vide una percentuale di voti popolari a favore ben superiore (più del 67%) dei voti contrari in Parlamento. Il messaggio è lo stesso: i cattolici sono “irrilevanti” in Parlamento perché nella società non sono vivi e condivisi i valori, di cui sono portatori, fondati su quell’umanesimo di cui c’è tanto bisogno per una convivenza davvero degna. Perciò, direttore, è importante e faticosa la sfida che ci attende. Non ci sarà una nuova generazione di politici cattolici formati, se prima non sarà recuperata la loro formazione sociale. Non si ricattano Governo e Parlamento «ci ricorderemo a ottobre», piuttosto si prepara una generazione che si “sporchi le mani” con la politica. Si incomincia dal basso, anche nelle amministrazioni municipali. Con stima e affetto per tutti i politici che accettano la fatica di questa forma di carità, oggi spesso incompresa.
Mariapia Garavaglia
domenica 8 maggio 2016
L’otto per mille e le «spese di culto»: il rischio di mettere i poveri contro Dio
Riflessioni del Direttore del giornale cattolico AVVENIRE in risposta ad un lettore
Caro direttore,
in questi giorni di dichiarazioni dei redditi e di pubblicità per avere l’otto per mille e il cinque per mille, mi hanno colpito gli spot che vengono mandanti in onda. Mi hanno colpito quelli della Chiesa Cattolica, e, soprattutto, quello della Chiesa Valdese. Risulta evidente il tentativo di coinvolgere e dare emozioni allo spettatore contribuente mostrando immagini di povertà e deprivazione della persona, verso la quale sarebbero convogliati i proventi della scelta di destinazione. Scelta giusta e, da parte mia, condivisibile. Però, le istituzioni religiose da sempre si sono occupate anche del culto a Dio, oltre che del soccorso all’uomo che soffre. Personalmente provo un certo disagio nel constatare che ormai l’unica modalità pubblica e politicamente corretta di essere cristiani sia devolvere una parte del proprio denaro e tempo al pronto soccorso delle persone indigenti, quasi fosse una vergogna impegnarsi a tutti i livelli nelle liturgie e nelle devozioni tradizionali popolari. Il vertice, a mio parere, è raggiunto dallo spot della Chiesa Valdese, che specifica inequivocabilmente che «Non un solo euro sarà usato per il culto». Cordiali saluti.
Renato Ceres, Reggio Emilia
Per la verità, caro signor Ceres, sono tra quanti apprezzano gli spot che in pochi attimi consegnano il senso della vasta e articolata opera di bene che grazie all’otto per mille (e, su un piano diverso e con diverse modalità, grazie al cinque per mille) di tutti noi contribuenti viene realizzata in Italia e nel mondo. E sono orgoglioso - lo so che non ce lo diciamo spesso… - di essere cittadino di un Paese che si è dato e ci ha dato questi strumenti per indirizzare risorse al servizio di un «bene comune» che non è solo materiale e che, comunque, non coincide con l’azione esclusiva dello Stato. Detto questo, con il massimo rispetto per scelte e sensibilità altrui, ammetto di fare fatica anche io, proprio come lei, a capire la "garanzia" contenuta nella frase «Non un solo euro sarà usato per il culto». Come se le «spese per il culto» fossero un lusso, un impiego insensato e antireligioso di fondi che lo Stato saggiamente destina alle Chiese e alle confessioni religiose che "abitano" il nostro Paese e concordano sui valori fondanti - e infatti scolpiti nella Costituzione - della convivenza civile. Ma c’è anche un risvolto per così dire pratico delle «spese di culto» che è stato efficacemente sottolineato, pochi giorni fa, dal vescovo Nunzio Galantino. «Vorrei ricordare - ha detto il segretario generale della Cei in un’intervista a Radio Vaticana - che nelle "spese di culto" vanno contemplati i tanti cantieri di edilizia di culto, e di restauro dei beni culturali. Sa quanti sono i cantieri aperti oggi? 920! Migliaia di persone mantengono la loro famiglia, lavorando in questi 920 cantieri. Vengono conservati, custoditi e resi fruibili veri e propri tesori di arte e di cultura altrimenti destinati ad andare in malora. Vengono, poi, costruiti luoghi di aggregazione. Se si spiegasse bene che "spese di culto" sono anche queste, forse la gente capirebbe meglio quanto pretestuose siano certe prese di posizione di chi identifica il culto con l’incenso e le candele...». Anche per questo quella frase – «Non un solo euro sarà usato per il culto» – non mi suona proprio. Tra l’altro, anche se non penso che fosse questa l’intenzione di chi ha costruito l’espressione, essa finisce per mettere in competizione l’amore per Dio con l’amore per i fratelli e soprattutto per i poveri, mentre per tanti credenti, e in particolar modo per i cristiani, quei due amori sono uno stesso amore. In ogni caso "culto" non è una parolaccia, non evoca atti disdicevoli. Culto, direi, è il gesto di amore, di devozione e di fedeltà che il credente offre a Dio. Da un punto di vista cristiano è la Memoria che aiuta a sperimentare la contemporaneità con Gesù e che insegna riconoscerlo nel volto di ogni uomo e di ogni donna e, appunto, a servirlo nei poveri, nei piccoli, nei deboli. «La Chiesa non è una Ong», ci ha avvertito spesso papa Francesco, che pure ci invita incessantemente a dare concretezza e solare continuità alla scelta preferenziale per i poveri, «carne di Cristo». E anch’io, che come tanti altri sono stato educato a considerare ogni gesto di carità una preghiera vissuta e non solo detta, continuo a intendere questo insegnamento del Papa come un appello a non "disanimare" l’impegno con gli altri e per gli altri, schiacciandolo su una terra senza più cielo e riducendolo a pura meccanica del soccorso e della restituzione sociale. Compiere atti di giustizia e di bontà è però indubbiamente un modo per «rendere culto a Dio», sul piano della testimonianza pubblica è forse "il" modo. San Giovanni Paolo II ci ha ricordato, e dimostrato, quanto sia vero che alla Chiesa intera e a ognuno di noi che si dice credente «gli uomini del nostro tempo chiedono non solo di parlare di Cristo, ma di farlo loro vedere
domenica 3 aprile 2016
Ogni diocesi realizzi un'opera di misericordia
Ogni diocesi realizzi un'opera di misericodia. È questa l'esortazione di Papa Francesco al termine della Veglia in piazza San Pietro per la festa della Divina Misericordia.
clicca qui http://www.avvenire.it/Chiesa/Pagine/veglia-festa-divina-misericordia-papa-francesco.aspx
sabato 6 febbraio 2016
sabato 30 gennaio 2016
martedì 26 gennaio 2016
domenica 24 gennaio 2016
domenica 10 gennaio 2016
UNIONE CIVILI LA POSIZIONE DELLA C HIESA
Da Avvenire
Dare ordine e forma giuridica ai
diritti delle persone che compongono coppie dello stesso sesso, ma senza alcuna
sovrapposizione con l’istituto del matrimonio, né alterando con problematiche
costruzioni giuridiche la relazione tra genitori e figli: ci sono punti fermi,
antropologici e sociali molto prima che legali, sui quali ogni manipolazione
può rivelarsi artefatta e avventurosa. Lette in sequenza, le dichiarazioni
degli ultimi giorni ai mass media di esponenti della Conferenza episcopale
italiana, interpellati sul disegno di legge Cirinnà in discussione nell’aula
del Senato dal 26 gennaio, contengono sempre questi concetti, senza stonature.A ribadire la posizione della Chiesa italiana
è tornato il segretario generale monsignor Nunzio Galantino, che in
un’intervista a Tv2000 ha ricordato sabato sera come «quello delle unioni
civili è inevitabilmente un tema che sta toccando la politica, mi piacerebbe
che venisse affrontato con serietà e non in maniera ideologica. Lo Stato deve
fare il suo mestiere e garantire ai singoli i propri diritti ma questo non può
andare a scapito della famiglia composta da padre, madre e figli. Bisogna
cercare di non fare confusione cercando di annacquare la realtà della famiglia
così come la Costituzione la presenta. La famiglia non è un bene della Chiesa
ma della società. E la società, quando è seria, i suoi beni li deve custodire».Parole in continuità con quelle pronunciate
dal cardinale Angelo Bagnasco il giorno dell’Epifania: «Nessun’altra
istituzione deve assolutamente oscurare la realtà della famiglia con situazioni
similari» – aveva detto il presidente della Cei –, perché questo «significa
compromettere il futuro dell’umano. Nessun’altra forma di convivenza di nucleo
familiare, pur rispettabile, può assolutamente oscurare o indebolire la
centralità della famiglia, né sul piano sociologico né sul piano educativo. La
Chiesa conferma la propria profonda convinzione verso la famiglia come il
grembo della vita umana» e «prima fondamentale scuola di vita, di umanità, di
fede di virtù civiche, umane e religiose. Questa è l’esperienza universale che
la Chiesa difende in ogni modo, per amore dell’uomo, della vita e dell’amore».Preoccupazioni e princìpi che con
ogni probabilità torneranno nella prolusione con la quale Bagnasco aprirà il
Consiglio permanente il 25 gennaio, vigilia del dibattito parlamentare.
È ancora con una sua voce ufficiale – il
direttore dell’Ufficio famiglia don Paolo Gentili – che la Cei aveva fatto
presente la sua posizione: «Non abbiano nulla contro il riconoscimento dei
diritti individuali delle persone omosessuali, come poter andare a visitare il
partner in ospedale o in carcere o decidere quale parte di patrimonio
lasciargli in eredità – aveva detto Gentili in un’intervista all’agenzia Sir –,
ma un conto è un Paese che mira al futuro, e quindi investe sulla famiglia
reale, un altro è un Paese che si preoccupa solo dei diritti di alcuni gruppi».
Quanto al ddl Cirinnà, «ha fatto passi interessanti nella distinzione tra
matrimonio fra uomo e donna e l’unione civile definendo quest’ultima
"formazione sociale specifica"» ma nella bozza «vi sono diversi
rimandi al diritto matrimoniale». L’equiparazione alle nozze è «inopportuna e
inutile», così come la stepchild adoption è «inammissibile». Occorre invece che
«la politica ascolti di più la famiglia reale, quella che quotidianamente
incontriamo nei diversi luoghi della vita vera e che, senza troppe chiacchiere,
si fa concretamente carico di bambini, anziani e malati». È infatti «tutta
l’impostazione da capovolgere: da un’attenzione concentrata su piccoli gruppi
alla capacità e alla volontà di rispondere al sentire e alle esigenze dei
milioni di famiglie che costruiscono e sostengono il Paese». Ma non è detto che
il dissenso sulla legge così com’è debba esprimersi in una nuova manifestazione
di piazza (della quale peraltro sinora non sono noti né il giorno né gli
animatori): «Più che creare singoli eventi, che di per sé possono anche essere
importanti, questo scenario ci chiede, come insegna papa Francesco, di avviare
e curare un processo che sappia risvegliare nei politici uno sguardo globale
sulla realtà»Ai più piccoli, quasi sempre ignorati nel dibattito sulla legge,
ha invitato a guardare il presidente della Commissione Cei per la famiglia, il
vescovo di Trapani Pietro Maria Fragnelli: «La sensibilità nei confronti del
bambino, non solo dei cattolici ma di ogni sano esperto di psicologia, dice che
ha diritto alla rappresentanza maschile e femminile, del padre e della madre –
ha detto alla Radio Vaticana –. Quindi su questa materia bisognerà ancora
confrontarsi, non rimanere in situazioni grigie che si servono del bambino per
questioni – se vogliamo – più di potere da affermare, piuttosto che di servizio
da offrire». Anche perché in gioco c’è la dignità della donna. A ricordarlo è
il cardinale Gualtiero Bassetti, che a Repubblica venerdì dichiarava che «anche
se in modo indiretto la stepchild adoption apre una porta all’utero in affitto.
Questa pratica mi sembra una scorciatoia barbara e umiliante per la donna,
oltre che gravida di conseguenze per i figli. Cerchiamo di riconoscere la
libertà di chi convive senza però sconvolgere un patrimonio antropologico
millenario».
domenica 3 gennaio 2016
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