Da Avvenire
Dare ordine e forma giuridica ai
diritti delle persone che compongono coppie dello stesso sesso, ma senza alcuna
sovrapposizione con l’istituto del matrimonio, né alterando con problematiche
costruzioni giuridiche la relazione tra genitori e figli: ci sono punti fermi,
antropologici e sociali molto prima che legali, sui quali ogni manipolazione
può rivelarsi artefatta e avventurosa. Lette in sequenza, le dichiarazioni
degli ultimi giorni ai mass media di esponenti della Conferenza episcopale
italiana, interpellati sul disegno di legge Cirinnà in discussione nell’aula
del Senato dal 26 gennaio, contengono sempre questi concetti, senza stonature.A ribadire la posizione della Chiesa italiana
è tornato il segretario generale monsignor Nunzio Galantino, che in
un’intervista a Tv2000 ha ricordato sabato sera come «quello delle unioni
civili è inevitabilmente un tema che sta toccando la politica, mi piacerebbe
che venisse affrontato con serietà e non in maniera ideologica. Lo Stato deve
fare il suo mestiere e garantire ai singoli i propri diritti ma questo non può
andare a scapito della famiglia composta da padre, madre e figli. Bisogna
cercare di non fare confusione cercando di annacquare la realtà della famiglia
così come la Costituzione la presenta. La famiglia non è un bene della Chiesa
ma della società. E la società, quando è seria, i suoi beni li deve custodire».Parole in continuità con quelle pronunciate
dal cardinale Angelo Bagnasco il giorno dell’Epifania: «Nessun’altra
istituzione deve assolutamente oscurare la realtà della famiglia con situazioni
similari» – aveva detto il presidente della Cei –, perché questo «significa
compromettere il futuro dell’umano. Nessun’altra forma di convivenza di nucleo
familiare, pur rispettabile, può assolutamente oscurare o indebolire la
centralità della famiglia, né sul piano sociologico né sul piano educativo. La
Chiesa conferma la propria profonda convinzione verso la famiglia come il
grembo della vita umana» e «prima fondamentale scuola di vita, di umanità, di
fede di virtù civiche, umane e religiose. Questa è l’esperienza universale che
la Chiesa difende in ogni modo, per amore dell’uomo, della vita e dell’amore».Preoccupazioni e princìpi che con
ogni probabilità torneranno nella prolusione con la quale Bagnasco aprirà il
Consiglio permanente il 25 gennaio, vigilia del dibattito parlamentare.
È ancora con una sua voce ufficiale – il
direttore dell’Ufficio famiglia don Paolo Gentili – che la Cei aveva fatto
presente la sua posizione: «Non abbiano nulla contro il riconoscimento dei
diritti individuali delle persone omosessuali, come poter andare a visitare il
partner in ospedale o in carcere o decidere quale parte di patrimonio
lasciargli in eredità – aveva detto Gentili in un’intervista all’agenzia Sir –,
ma un conto è un Paese che mira al futuro, e quindi investe sulla famiglia
reale, un altro è un Paese che si preoccupa solo dei diritti di alcuni gruppi».
Quanto al ddl Cirinnà, «ha fatto passi interessanti nella distinzione tra
matrimonio fra uomo e donna e l’unione civile definendo quest’ultima
"formazione sociale specifica"» ma nella bozza «vi sono diversi
rimandi al diritto matrimoniale». L’equiparazione alle nozze è «inopportuna e
inutile», così come la stepchild adoption è «inammissibile». Occorre invece che
«la politica ascolti di più la famiglia reale, quella che quotidianamente
incontriamo nei diversi luoghi della vita vera e che, senza troppe chiacchiere,
si fa concretamente carico di bambini, anziani e malati». È infatti «tutta
l’impostazione da capovolgere: da un’attenzione concentrata su piccoli gruppi
alla capacità e alla volontà di rispondere al sentire e alle esigenze dei
milioni di famiglie che costruiscono e sostengono il Paese». Ma non è detto che
il dissenso sulla legge così com’è debba esprimersi in una nuova manifestazione
di piazza (della quale peraltro sinora non sono noti né il giorno né gli
animatori): «Più che creare singoli eventi, che di per sé possono anche essere
importanti, questo scenario ci chiede, come insegna papa Francesco, di avviare
e curare un processo che sappia risvegliare nei politici uno sguardo globale
sulla realtà»Ai più piccoli, quasi sempre ignorati nel dibattito sulla legge,
ha invitato a guardare il presidente della Commissione Cei per la famiglia, il
vescovo di Trapani Pietro Maria Fragnelli: «La sensibilità nei confronti del
bambino, non solo dei cattolici ma di ogni sano esperto di psicologia, dice che
ha diritto alla rappresentanza maschile e femminile, del padre e della madre –
ha detto alla Radio Vaticana –. Quindi su questa materia bisognerà ancora
confrontarsi, non rimanere in situazioni grigie che si servono del bambino per
questioni – se vogliamo – più di potere da affermare, piuttosto che di servizio
da offrire». Anche perché in gioco c’è la dignità della donna. A ricordarlo è
il cardinale Gualtiero Bassetti, che a Repubblica venerdì dichiarava che «anche
se in modo indiretto la stepchild adoption apre una porta all’utero in affitto.
Questa pratica mi sembra una scorciatoia barbara e umiliante per la donna,
oltre che gravida di conseguenze per i figli. Cerchiamo di riconoscere la
libertà di chi convive senza però sconvolgere un patrimonio antropologico
millenario».
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